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La tradizione gastronomica padovana è ricca di specialità e sapori affascinanti. Scoprili attraverso gli itinerari del gusto.
L’offerta gastronomica del padovano è talmente ricca da non poter essere identificata con un unico piatto tipico od una sola specialità. Dagli antipasti ai primi, dai secondi ai dessert, sono numerose infatti le ricette e le tipicità che meritano di essere menzionate, ma soprattutto degustate.
Tra i piatti più identitari del padovano troviamo senza dubbio i “bigoli in salsa”, chiamati così perché il loro impasto (composto da farina, acqua, sale e uova) è passato in uno strumento detto bigolaro: un torchio dal quale si ricava una sorta di spaghetto lungo circa 25-30 cm e largo non meno di 2,5 mm. I bigoli possono essere accompagnati da molte salse, specialmente il ragù: classico, di anatra, d’oca o di asino. Spesso sono accompagnati anche da salse a base di pesce, come le sarde o le vongole.
Un altro ingrediente base di molti primi protagonisti delle tavole patavine è il riso. Anche se non c’è una forte produzione in loco, i padovani (come del resto tutti i veneti) hanno sempre creato risotti affascinanti. Se ne possono assaggiare di ogni tipo, spaziando dalle verdure alla carne. Il più banale e semplice è quello con il pomodoro, ma si cucinano anche eccellenti risotti al radicchio, alle ortiche, ai bruscandoli, ai porri, alle “erbe dei colli” fino ad arrivare al più noto “risi e bisi”.
Il segreto per una perfetta riuscita del “risi e bisi” è raccogliere i piselli dall’orto freschi da sgusciare, un mazzetto di prezzemolo e una cipolla novella, ed utilizzare nel brodo di cottura anche i baccelli. La mantecatura del riso, rigorosamente di tipo vialone, deve avvenire a fuoco lento, con la pentola scoperta, perché il brodo evapori facilmente e gli altri ingredienti (la pancetta e il manzo) raggiungano il punto ottimale di cottura.
Un altro primo tipico padovano è la “pasta e fasoi” (pasta ai fagioli), mentre un po’ più di rado troviamo le tagliatelle, cugine dei bigoli e che seguono quindi gli stessi abbinamenti.
Anche tra i secondi c’è grande abbondanza. A tener banco, in questo caso, è la gallina padovana, particolare tipo di gallina con una folta chioma sulla testa, difficile da trovare, ma che può essere ancora rintracciata dalle parti di Polverara. Seguono nervetti, mussetti e tutta la cosiddetta “corte in tavola”, una delle maggiori espressioni dell’identità gastronomica del padovano. Corte sta per pollaio, quindi galline, tacchini, faraone, capponi e oche. L’oca è anche l’ingrediente principale della famosa “oca in onto” (ricetta della zona collinare e del Montagnanese): spiumata e selezionata in autunno, viene conservata con il proprio grasso e consumata verso Pasqua.
Il secondo più rinomato è comunque il “bollito alla padovana”, un piatto che trova le sue origini nel ‘600. Gli ingredienti possono variare nella scelta delle carni. Del manzo si utilizza preferibilmente il costato o il garretto. Del vitello la testina e la lingua. Generalmente il piatto viene accompagnato con la salsa verde, il radicchio al tegame, il purè di patate e la mostarda veneta.
Tra gli ortaggi impossibile non menzionare l’asparago. La provincia di Padova è infatti il principale produttore di asparagi sia per la tipologia bianca che per la verde. L’umiltà delle “uova e asparagi” e la delicatezza del “risotto con gli asparagi” (sia bianchi che verdi) non mancano mai sia nelle proposizioni commerciali che nelle tavole delle famiglie di tutto il padovano.
Il pasto padovano non può però aprirsi senza un tagliere di formaggi e salumi, tra cui spiccano la “sopressa” e il dolcissimo prosciutto DOP di Montagnana, e chiudersi con alcune dolci frivolezze come i “zaleti” o la “torta pazientina” (due strati di pasta alle mandorle farcita con crema allo zabaione e coperta con cioccolato).
Non si possono dimenticare infine i “Dolci del Santo”. I frati della Basilica di Sant’Antonio erano soliti offrire ai poveri della città e ai viandanti un pane che nel corso degli anni si è trasformato, grazie ai maestri pasticceri della zona, in dolci particolarmente apprezzati. Il “Pan del Santo” è un dolce da forno a forma di “ciambella” prodotto con farina di grano tenero di tipo 00, uova, zucchero, mandorle, gocce di cioccolato e granella di amaretto. Il “Dolce del Santo” o “Dolce Sant’Antonio” è invece un dolce da forno farcito con marmellata di albicocche, buccia d’arancio candita, pan di Spagna, marzapane di mandorle o granella di amaretti, il tutto avvolto in pasta sfoglia. La sua forma particolare ricorda l’aureola sul capo di Sant’Antonio ed è prodotto in vari formati da 70, 400 o 700 grammi.
Gli “Amarettoni di Sant’Antonio”, di recente iniziativa (metà del secolo scorso circa), sono un dolce da forno tagliato a forma di biscotto, composto da mandorle armelline, mandorle sgusciate e tritate, zucchero, canditi di arancia e albume d’uovo.
Gli itinerari del gusto
La conformazione del territorio padovano (collina, pianura, fiume) offre alla cucina una grande varietà di ingredienti, che si diversificano da zona a zona. Gli itinerari del gusto portano comunque alla suddivisione del territorio in quattro grandi comprensori gastronomici: la zona dei colli, la zona della Bassa padovana, l’area orientale e l’Alta padovana.
La zona dei Colli
L’ambiente naturale offre in due stagioni, la primavera e l’autunno, la possibilità di gustare piatti speciali a base di erbette spontanee, verdure e funghi. Questa è infatti la terra di “bruscandoli”, “pissacani”, “gallinelle” proposti in risotti o con le uova. Questa è anche la zona dove assaggiare gli antipasti a base di salame fresco alla brace e sopressa casalinga, oltre che un buon piatto di bigoli in salsa, o di pollo fritto, ai ferri o “in tocio”. Da Torreglia arrivano invece i famosi “torresani”, i piccioni di torre (squisiti se cucinati arrosto). Specialità tipiche dell’autunno sono: “risi e verse con luganega bianca”, risotto di chiodini, dolce di castagne e “sugoli” (dolci di mosto). Dai Colli Euganei si possono gustare anche il miele e l’olio DOP e, in stagione, anche ciliegie, castagne e marroni. Prodotto ad Arquà Petrarca è invece il Brodo di Giuggiole un liquore (grado alcolico 24%) a base di giuggiole appassite.
La zona della Bassa padovana
Nella fascia tra Este e Montagnana la cucina è gustosa, semplice e poggia su prodotti genuini locali: riso, tartufo, selvaggina e maiale. Qui si degustano “sopressa” (un grosso insaccato di carne macinata, simile ad un largo salame morbido, che viene servito affettato piuttosto spesso, sia crudo che cotto, a volte accompagnato da polenta), la “luganega” (salsiccia lunga e sottile che si cucina intera o a tocchetti), il “coeghin” (cotechino), e il Prosciutto Veneto Berico-Euganeo DOP, tutelato dall’omonimo Consorzio. Tra i dolci va per la maggiore il “zaéto”: il biscotto tradizionale preparato con farina di mais, farina bianca, burro, uvetta, pinoli e una spruzzata di grappa. La Bassa, e nello specifico il Montagnanese, è anche la zona dell’“oca in onto” che in Primavera si trasforma in “risi e bisi co’ l’oca in onto”.
L’area orientale
La zona a est di Padova risente degli influssi di Venezia e della vicina riviera del Brenta. La tradizione legata alla lavorazione della carne di cavallo trova in queste zone la propria terra d’elezione. Le carni di cavallo vengono utilizzate per salami (sopressa di cavallo), per la preparazione di umidi e ragù, o in versione sfilata (sfilacci di cavallo). A Piove di Sacco troviamo anche il pesce (di laguna, di mare e di fiume) e le rane, preparate ottimamente in risotto. Nell’area orientale si trova anche Polverara, patria di una “sorella” della celebre Gallina Padovana, ovvero la Gallina di Polverara.
L’Alta padovana
Qui sono la polenta e la corte a farla da regine. Le trattorie propongono ancora antiche ricette come “poenta e osei”, “arna rosta” (anatra arrosto), “marsoni fritti” (piccoli pesci d’acqua dolce). La cucina risente della vicinanza con Treviso e Vicenza: numerosi sono infatti i piatti a base di cacciagione, baccalà e radicchio.
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